Troppi dubbi e troppe perplessità ci spingono a dichiarare la nostra ferma contrarietà all’ipotesi di realizzazione della centrale a biomasse in località Mascione a Campobasso.
Doverosa premessa: sbagliato condannare l’idea di una centrale a biomassa in maniera pregiudiziale. La produzione distribuita di energia da fonti rinnovabili, in primis per gli edifici pubblici e per le piccole aziende, con le tecnologie maggiormente efficienti, con un consumo “in loco” dell’energia prodotta, con l’utilizzo di combustibili reperiti “a km zero”, con rigidissimi controlli durante tutte le fasi del ciclo funzionale (dall’approvigionamento del combustibile al controllo delle emissioni, fino al trattamento delle scorie residue), con le dovute garanzie sull’assetto delle società proponenti, rappresenterebbe un modello di produzione energetica virtuoso certamente da promuovere ed incentivare.
Ma non è il caso dell’impianto in questione, almeno alla luce di quanto emerso nel corso della Commissione Consiliare convocata ad hoc martedì 31 marzo, dove, alla presenza di una folta rappresentanza di cittadini della zona, si è potuto prendere visione per la prima volta del progetto della centrale.
Si tratterebbe di un impianto di cogenerazione da 200 kw elettrici (da immettere in rete tramite il Gestore Servizi Energetici) e 400 kw termici che andranno a servire il vicino impianto sportivo/commerciale “Mascioli”, in territorio di Campodipietra. La società proponente, la RG1 Campobasso s.r.l., con sede legale a Verona come di frequente nel campo delle energie rinnovabili, è di recentissima costituzione e con i “soliti” 10 mila euro di capitale sociale; L’impianto, tecnicamente di 199,8 KW, tanto da restare al di sotto dei 200 KW e poter così beneficiare di procedura autorizzatoria semplificata, è predisposto per un funzionamento di 8300 ore annue ed alimentato da Biomasse legnose di tipo “B”, per il 70% e di tipo “A” per il 30%, per un totale di circa 2070 tonnellate all’anno. Il tutto sotto una tettoia di circa 12 x 15 metri.n
Opportuno specificare che le biomasse di tipo “B” sono quelle di qualità inferiore rispetto alle “A”, e possono essere costituite da paglia, trucioli, prodotti del sottobosco, sfalci di potature e ramaglie con una componente decisamente più alta di materiale umido rispetto alla tipologia “A”, costituita da cippato di legna. Va inoltre aggiunto, particolare importantissimo ma non riportato sul progetto dell’impianto, che tra i sottoprodotti/rifiuti utilizzabili negli impianti a biomasse, così come stabilito dalla tabella 1-A, allegato 1, comma 2 del D.M. del 6 luglio 2012 , vi possono essere anche effluenti zootecnici, ovvero feci, urine e residui vari degli allevamenti animali, che non è esattamente la stessa cosa del cippato di legna. …
Grossi dubbi anche sulla provenienza del combustibile che sarà approvvigionato da una società pugliese che a sua volta potrà rifornirsi da aziende di Umbria Marche, Abruzzo, Molise e Puglia, il che comporterà un notevole traffico di automezzi pesanti che andranno d incidere sul bilancio ecologico dell’intero ciclo di produzione energetica in termini di emissioni; la filiera corta, controllata e garantita della provenienza dei combustibili per questi impianti dovrebbe essere un’ imprescindibile condizione ai fini di una reale sostenibilità ambientale.
Anche l’aspetto legato allo smaltimento dei residui di combustione merita maggiori approfondimenti; le ceneri non potranno essere certo trattate come “normali rifiuti” così come incautamente annunciato nell’ambito della commissione.
Altre riserve nascono dal fatto che questo è l’ennesimo tentativo di insediare sul territorio impianti di produzione energetica in assenza di una definita pianificazione energetica sia regionale che comunale, nonché di adeguato piano di zonizzazione per la qualità dell’aria; l’impianto infatti andrebbe a ricadere in una zona a fortissima vocazione agricola, peraltro proposto senza alcuna forma di concertazione con il territorio, andando a creare un notevole impatto negativo di carattere sociale oltre che economico, con tante aziende a carattere familiare che vedrebbero improvvisamente minacciata la qualità dei loro prodotti e la salubrità dell’area di produzione o allevamento e di conseguenza la sopravvivenza di un intero sistema di microeconomia diffusa.
Ulteriore incertezza: chi e cosa ci garantisce che l’eventuale nulla osta a questo impianto non possa scatenare la proliferazione di nuove centrali sul territorio cittadino? E’ forse questo l’aspetto più inquietante, anche alla luce della continua evoluzione del campo normativo in materia; un settore, quello delle energie rinnovabili che gode sempre più di incentivi e semplificazioni e che rischia di trasformare in breve tempo territori come i nostri in terreni di conquista e speculazione, come del resto già verificatosi per il settore dell’energia eolica.
Il prossimo 9 aprile è stata convocata la Conferenza dei Servizi per la valutazione di tutti i pareri delle parti chiamate in causa per esprimersi; tra questi pareri, ve ne sono alcuni ancora non pervenuti, in particolare quelli relativi ai vincoli che insistono sul sito prescelto: quello idrogeologico (RDL 3267/23 e RD 1126/26), e quello ai sensi del DLgs 42/2004 per la presenza di corsi d’acqua limitrofi; detti pareri assumeranno primaria importanza poiché potrebbero essere determinati, sia in senso di diniego sia di assenso per la realizzazione dell’impianto.
Certo è che, qualora tutti i pareri tecnici risultino in regola e nonostante la contrarietà dichiarata dall’amministrazione comunale, opporsi alla realizzazione di tale impianto, sarà impresa davvero ardua; certamente auspicabile, anche alla luce dei recenti sviluppi di casi analoghi, una procedura di sospensione in autotutela, al fine di verificare preventivamente i tanti aspetti ancora poco limpidi di questa vicenda.